La Sartiglia tra cultura e tradizione
La Sartiglia non è una semplice celebrazione dei riti carnevaleschi, non è nemmeno la riproduzione di una giostra medioevale, né una mera esibizione di audaci e aitanti cavalieri. Dentro la Sartiglia convivono elementi di tradizione e cultura tramandati da centinaia e probabilmente da molte migliaia d’anni.
In questa manifestazione, che ad Oristano è vissuta con intensità emotiva indescrivibile sin dai tempi del Giudicato d’Arborea, sopravvivono probabilmente alcuni degli aspetti più interessanti e inesplorati della ritualità pagana, contaminata dai cerimoniali di origine cristiana. La Sartiglia di Oristano trae presumibilmente origine dal gioco dell’anello, sortija, contaminandosi di tutti quegli elementi pagani che sono propri di questo popolo. La corsa della Sartiglia è infatti legata alla ciclicità delle stagioni e ha ragione di esistere in quanto propiziazione del raccolto.
Il Componidori è il tramite divino che agisce per l’ottenimento del risultato. Al termine della Sartiglia su Componidori ricompone le pariglie, formate da terzetti di cavalieri e cavalli affiancati, e percorre la via Eleonora, la piazza Eleonora, il corso Umberto fino alla piazza Roma, immettendosi nella via Mazzini per dar vita all’esibizione delle pariglie; questa corsa consiste nel percorrere la lunga e diritta via Mazzini mentre i cavalieri fanno delle evoluzioni di vario tipo sui propri cavalli lanciati a galoppo sfrenato. I più abili e temerari sono capaci anche di stare in piedi ai due lati tenendo sulle spalle il compagno al centro che sta in verticale governando i tre purosangue che appaiati galoppano alla massima velocità.
L’unica pariglia (Terzetto) che non può esibirsi è quella de su Componidori, che si dovrà limitare a fare una galoppata mentre i due compagni ai suoi lati gli reggono le redini (talvolta poggiando le mani sulle spalle dei compagni); infatti, non potendo rischiare di cadere e toccare il suolo, non gli è concesso tentare acrobazie.